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Chi è responsabile dello spreco alimentare e perchè?!

Nell’articolo precedente ti ho parlato della distinzione tra perdita e spreco alimentare fatta dalla FAO  (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura). 

Lo hai letto? Se non lo hai ancora fatto lo trovi qui.

Le perdite di cibo avvengono principalmente in fase di produzione, raccolto, conservazione e trasformazione agricola; mentre gli sprechi alimentari avvengono durante la distribuzione e il consumo finale.

Il volume globale di cibo sprecato (“food wastage”) è impressionante, 1.5 miliardi di tonnellate, circa un terzo di tutto il cibo prodotto nel mondo per l’alimentazione umana.

Sai chi è maggiormente responsabile di questo spreco alimentare?

Secondo la FAO, il 54% degli sprechi alimentari totali si verificano “a monte” della catena agroalimentare, in fase di produzione (32%) e in fase di post-raccolto e conservazione (22%). Il 46% avviene invece “a valle”, nelle fasi di trasformazione (12%), distribuzione (12%) e consumo (22%).

La produzione agricola, rappresenta quindi la maggior responsabile degli sprechi alimentari annui, con circa 500 milioni di tonnellate di perdita alimentare, seguita dalla fase di post-raccolto e conservazione e dalla fase di consumo, con circa 350 milioni di tonnellate ciascuna. Rilevante il contributo della fase di distribuzione e della fase di trasformazione, con circa 200 milioni di tonnellate ciascuna.

La FAO ha anche confrontato i dati di perdita e di spreco alimentare nei diversi Paesi.

In linea generale, nei Paesi in via di sviluppo si ha un grosso problema di perdite di cibo, infatti la maggior parte dello spreco totale avviene lungo la filiera alimentare, in particolare nella fase produttiva.

Gli sprechi alimentari a livello di vendita al dettaglio o di consumatore sono invece bassissimi in questi Paesi a basso reddito, circa il 4-16 %, e tendono ad essere invece più elevati nei Paesi a medio ed alto reddito, dove rappresentano il 31-39 % del totale.

Questi dati ci confermano ciò che è purtroppo drammaticamente noto…

Nei Paesi occidentalizzati la quantità di cibo che è sprecata a livello di consumo è enorme se confrontata con lo spreco che avviene nei Paesi in via di sviluppo.

Nei ricchi Paesi occidentali vengono sprecate durante la fase di consumo circa 222 milioni di tonnellate di cibo, una quantità paragonabile alla produzione totale di cibo dell’Africa sub-sahariana (230 milioni di tonnellate).

Sai quali sono le cause di tutto ciò?

Nei Paesi più poveri, soprattutto in Africa sub-sahariana e in Asia meridionale, la gestione dei raccolti rimane inadeguata, causando lo spreco delle produzioni agricole proprio dove esiste il bisogno maggiore. Inoltre, anche le apparecchiature, i sistemi di refrigerazione e le tecnologie di stoccaggio e trasporto sono carenti e contribuiscono enormemente alle perdite.

A livello di distribuzione lo spreco è principalmente dovuto alle scarse condizioni igieniche e alla mancanza di frigoriferi adatti per la conservazione dei cibi. Gli sprechi alimentari a livello di consumo sono invece quasi assenti, ovviamente a causa della povertà e dell’inaccessibilità al cibo della maggior parte della popolazione.

E nei Paesi più ricchi?

Nei ricchi Paesi occidentali, dove esistono invece unità di stoccaggio, sistemi refrigeranti efficaci, prodotti chimici antifungini e antiparassitari, tecniche di conservazione (atmosfera modificata) che aumentano la vita media del prodotto si consuma comunque il dramma dello spreco di cibo, sia a livello di produzione agricola che a livello dell’anello uomo nella catena alimentare.

Le perdite di cibo (“food loss”) sono in parte dovute a fattori climatici e ambientali o a cause accidentali riconducibili ai limiti delle tecniche agricole impiegate e delle infrastrutture. Rientrano in questa categoria anche perdite causate dalle regolamentazioni in materia alimentare e dalla maggiore o minore convenienza delle operazioni di raccolta.

Per quanto riguarda invece lo spreco alimentare (“food waste”), le cause a livello di distribuzione sono differenti da quelle a livello di consumo finale.

Partiamo dalle cause a livello di distribuzione…

La maggior parte dello spreco avviene perché vengono eseguiti ordini di alimenti maggiori rispetto alle reali possibilità di vendita del negozio, supermercato o ristorante.

Lo spreco è soprattutto a carico degli alimenti che sono facilmente deperibili,  come frutta e verdura, e di quelli che hanno una data di scadenza molto breve.

Molti alimenti vicini alla scadenza o che presentano minime imperfezioni estetiche, come macchie o ammaccature sulla buccia di una mela o una curvatura insolita di banane e carote, non vengono nemmeno messi in vendita a volte o, quando lo sono, vengono scartati dagli acquirenti, aumentando la mole di alimenti sprecati senza ragione.

Questo è un comportamento che può essere migliorato da parte dei consumatori. Bisognerebbe fare uno sforzo “culturale” per evitare questo tipo di “discriminazione estetica alimentare”, che non ha nessuna corrispondenza con il valore nutrizionale del prodotto alimentare.

La distribuzione sta già contribuendo in tal senso, cercando di offrire prodotti meno “belli” e prossimi alla scadenza a prezzi più vantaggiosi.

Infine la ridistribuzione del cibo destinato allo spreco, quando questa attività viene organizzata, può contribuire al miglioramento dello stato nutrizionale delle fasce di popolazione meno fortunate.

Vediamo ora gli aspetti legati allo spreco alimentare a livello di consumo individuale.

A livello individuale gli sprechi riflettono una mancanza di cultura del valore del cibo. Spesso si ha l’abitudine di preparare pasti troppo abbondanti, che non si riesce a consumare, e molto spesso non esiste una cultura del riciclo degli avanzi dei pasti che ridurrebbe enormemente lo spreco.

Molto spesso lo spreco è dovuto all’acquisto eccessivo di alimenti, che poi vengono accumulati nel frigorifero o in dispensa e rischiano di andare a male o essere comunque sprecati.

A volte si presta poca attenzione alla data di scadenza dei singoli cibi, infatti controllarla eviterebbe di conservare in dispensa cibi che hanno scadenze vicine alla data d’acquisto.

Infine lo spreco può anche essere dovuto ad una errata interpretazione della dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, presente in etichetta; questa dicitura indica che il prodotto è ancora sano e sicuro, oltre la data riportata, ma potrebbe solo aver modificato alcune caratteristiche che non comportano rischi per la salute, per esempio colore o alterazioni di sapore.

A livello invece di ristoranti, bar e trattorie lo spreco è legato alla difficoltà di pianificare il numero di clienti che arriveranno, oppure all’usanza di organizzare buffet molto abbondanti a prezzi molto contenuti, che sono causa di spreco alimentare, data la quantità eccessiva di cibo che viene preparata e che spesso non viene consumata.

Inoltre, molto spesso i ristoratori forniscono porzioni molto abbondanti che spesso non sono consumate, aumentando lo spreco alimentare. Solitamente chi va al ristorante vuole mangiare meglio e più del normale, ma si dovrebbe evitare di eccedere in “abbuffate” ipercaloriche che, oltre ad avere un impatto negativo sul metabolismo, sfociano in una notevole mole di cibo inutilizzato.

È  quindi evidente che le diverse fasi della filiera alimentare intervengono in maniera diversa nel contributo allo spreco totale, anche in funzione dell’area di provenienza, con uno spreco alimentare molto più marcato a livello del consumatore nei Paesi più sviluppati rispetto ai Paesi in via di sviluppo, dove hanno un peso maggiore i procedimenti a monte del consumo.

Una delle sfide più importanti del nostro secolo è quella di:

  • ridurre il più possibile tale spreco alimentare e il danno ambientale che ne deriva ottimizzando i passaggi della filiera agroalimentare  
  • orientare il consumatore verso scelte di tutela ambientale attraverso un utilizzo responsabile del cibo.

È importante gestire in maniera efficace il problema delle perdite e degli sprechi alimentari optando per modelli di produzione e consumo più sostenibili, in modo da ridurre l’impronta ambientale e aumentare la disponibilità di cibo.

Infatti non possiamo permettere che un terzo di tutto il cibo che viene prodotto nel mondo vada perduto, quando ci sono circa 800 milioni di persone che soffrono la fame!!!

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