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I numeri dello spreco alimentare e gli effetti sull’ambiente.

Sapevi che circa un terzo di tutto il cibo che è prodotto nel mondo e destinato all’alimentazione umana non è consumato?

Probabilmente ne hai già sentito parlare… lo spreco alimentare è purtroppo diventato una delle questioni più controverse del nostro tempo.

Come puoi immaginare, per produrre questo cibo sono utilizzate risorse economiche ma soprattutto ambientali, come il consumo di acqua, di terra e di energia, generando emissioni nell’atmosfera e rifiuti, questi ultimi andranno a sommarsi agli sprechi. 

Prima di approfondire l’entità di questo fenomeno e il suo effetto sull’ambiente vediamo la definizione di spreco alimentare adottata dalla FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).

Iniziamo dicendo che la FAO fa una sostanziale distinzione tra perdita di cibo e spreco alimentare.

Per perdita di cibo s’intende la riduzione non intenzionale del cibo destinato al consumo umano. Avviene soprattutto nella fase di produzione, di post raccolto e di lavorazione dei prodotti, per esempio quando il cibo non viene raccolto o è danneggiato durante la lavorazione, lo stoccaggio o il trasporto e viene smaltito.

Il termine spreco alimentare si riferisce invece allo scarto intenzionale di prodotti commestibili, soprattutto da parte di dettaglianti e consumatori, ed è dovuto al comportamento di aziende e privati.

Successivamente la FAO ha introdotto, a fini pratici, il termine “food wastage” per riuscire ad avere un indice cumulativo della perdita di cibo (chiamata “food loss”) e dello spreco alimentare (chiamato “food waste”). 

La traduzione più corretta del termine “wastage”  in italiano è spreco, perciò per rendere meglio il suo significato possiamo tradurlo in spreco totale.

Dopo aver chiarito il significato di questo termine, vediamo quali sono i numeri dello spreco totale stimati dalla FAO.

Come accennavo prima, circa un terzo di tutto il cibo che è prodotto nel mondo, per l’alimentazione umana, non è consumato. Più precisamente il volume globale di cibo sprecato è di circa 1.5 miliardi di tonnellate, un numero impressionante soprattutto se confrontato con la produzione agricola totale, che è di circa 6 miliardi di tonnellate.

Di tutte le fasi della catena agroalimentare, la produzione agricola con il suo 32% è responsabile del volume maggiore, circa 500 milioni di tonnellate di perdita alimentare; la parte imputabile alla fase di consumo è ugualmente elevata essendo pari a quasi 350 milioni di tonnellate.

Per produrre tale cibo sono utilizzate risorse economiche, ma soprattutto ambientali come terreno, energia e acqua. È facile capire che il non utilizzo di questo cibo comporta che tutte le risorse spese per poterlo raccogliere, produrre, trasportare, conservare e smaltire, vadano perdute. Queste risorse hanno un costo economico che supera i 750 miliardi di dollari l’anno e chiaramente un costo ambientale molto più alto, che si traduce in un danno ambientale di proporzioni elevatissime.

Prima di vedere l’impatto che lo spreco alimentare ha sulle risorse ambientali, vediamo intanto quale tipologia di cibo viene sprecato.

La maggior parte dello spreco è costituito dai prodotti vegetali con circa l’87%: cereali 25%, verdure 24%, tuberi 19%, frutta 16%, colture da olio e legumi 3%;

mentre i prodotti animali rappresentano circa il 14%: latte (escluso il burro) 7%, carne 4%, pesce e frutti di mare 2%, e uova 1%. 

L’impronta di carbonio relativa al cibo prodotto e non utilizzato è di 3.3 miliardi di tonnellate di gas serra (CO2 equivalenti annue), che inserisce lo spreco alimentare totale al terzo posto, dopo Cina e USA, nella triste classifica dei maggiori produttori di CO2

Ma i gruppi alimentari contribuiscono tutti allo stesso modo a queste emissioni di gas serra?

La risposta è no, infatti, in termini di emissioni di CO2, i cereali, con il loro 34% del totale sono i maggiori contributori, seguiti dalla carne e dalla verdura, ciascuno con circa il 21%, latte e uova 8%, frutta 6%, tuberi 5%,  pesce 4%, colture da olio e legumi 1%.

Anche le fasi della catena alimentare contribuiscono in modo differente allo spreco in termini di impronta di carbonio, infatti la fase di consumo con circa il 37% del totale è quella a contribuire maggiormente, questo perché al consumo si sommano gli effetti delle fasi precedenti; seguita poi dalla produzione agricola e dalla fase di raccolta e conservazione con circa il 16% ciascuna, dalla fase di trasformazione con circa 15% e dalla fase di distribuzione con circa il 14%.

L’impronta idrica relativa allo spreco totale si riferisce principalmente alla fase di produzione per le necessità d’irrigazione. L’agricoltura utilizza circa il 70% delle acque dolci: sprecare cibo significa dissipare acqua. Il cibo che viene prodotto, ma non consumato, spreca ogni anno un volume di acqua di 250 Km³ che supera l’elevatissima impronta idrica di paesi come India e Cina, e addirittura di circa 3.6 volte quella degli USA.

Considerando un fabbisogno per persona giornaliero di 40 litri, sarebbero sufficienti per il fabbisogno idrico di circa 17 miliardi di persone!!! Questo è tanto più importante considerando che secondo l’OMS nel 2025 non ci sarà acqua a sufficienza per tutti!

Per ciò che riguarda il contributo dei vari gruppi alimentari a questa impronta idrica, i cereali fanno la parte del leone, con uno spreco totale più alto del 50%, seguiti molto da lontano dalla frutta, con circa il 18%; la carne contribuisce in misura molto ridotta allo spreco idrico con solo il 7% del totale.

Da un punto di vista di impronta ecologica, ogni anno, il cibo che viene prodotto, ma non consumato, utilizza 1.4 miliardi di ettari di terreno, quasi il 30% della superficie agricola mondiale

Se la terra coinvolta nello spreco alimentare fosse una nazione, sarebbe al secondo posto, come superficie globale, dopo la Federazione Russa (più di Canada e India insieme).

Il contributo maggiore (negativo) viene da carne e latte, che incidono per il 78%, (pur essendo lo spreco alimentare legato a carne e latte soltanto l’11% del totale); seguiti dai cereali con circa il 10% e dalle uova con circa il 5% (i restanti gruppi circa l’1%).

Infine il cibo sprecato contribuisce alla perdita di biodiversità. Ogni anno, per produrre cibo, assistiamo alla deforestazione di circa 10 milioni di ettari. Infatti i 2/3 delle specie “in pericolo” sono minacciate dall’attività agricola.

Tutti questi dati ci danno una chiara idea dell’importanza del fenomeno dello spreco alimentare e dell’impatto che ha sulle risorse del Pianeta. 

I diversi gruppi alimentari contribuiscono in maniera diversa allo spreco totale e all’impatto sulle risorse ambientali.  Naturalmente anche le diverse fasi della filiera alimentare intervengono in maniera diversa, anche in funzione dell’area di provenienza.

I dati sullo spreco alimentare devono essere un campanello d’allarme per la tutela delle risorse del Pianeta e per una scelta consapevole di riduzione dello spreco alimentare.

Ti parlerò dei maggiori responsabili dello spreco alimentare nel prossimo articolo!

 

 

Foto cibo creata da freepik – it.freepik.com

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